L'India sceglie il nucleare

Non sono bastati il pauroso incidente atomico giapponese di Fukushima, né le sanguinose proteste scoppiate nello Stato centrale indiano del Maharashtra, con la polizia che ha fronteggiato attivisti e popolazione locale e provocato la morte, lo scorso 19 aprile, di un manifestante. Il governo indiano ha deciso: il progetto di Jaitapur non si fermerà. La scelta a favore del nucleare è netta e su di essa il premier Manmohan Singh ha scommesso buona parte del suo futuro politico. Il progetto è faraonico. Jaitapur - una piccola città in riva al mare Arabico - ospiterà la più grande centrale nucleare del mondo. Un impianto da dieci miliardi di dollari, che conterà sei reattori per 9.900 megawatt di energia prodotta. Quattro volte la dimensione di Fukushima.
Lo scorso dicembre la multinazionale francese Areva si è aggiudicata il contratto da parte del Nuclear Power Corporation of India Ltd per la costruzione dei sei reattori. L'impianto che si prevede sarà operativo nel 2018 - come scrive AsiaSentinel – supererà la centrale giapponese di Kashiwazaki-Kariwa (8.200 megawatt), oggi la più grande del mondo. Lo spettro di una catastrofe nucleare ha scatenato le preoccupazioni e l'ira della popolazione locale, per lo più agricoltori che coltivano riso, mango e anacardi. Per gli oppositori, che sono in "guerra" contro il progetto da tre anni, il gigante rischia di avere piedi di argilla: la zona individuata per l'impianto è sismicamente attiva e "vanta" un poco invidiabile record, 95 terremoti registrati tra il 1985 e il 2005.
La difesa del governo è altrettanto decisa. «Tutti i nostri impianti sono stati testati per resistere a terremoti e maremoti. E sono sicuri», ha dichiarato Srikumar Banerjee, presidente della Atomic Energy Commission. Come scrive AsiaTimes, a differenza delle centrali nucleari del Giappone che si trovano in zone altamente sismiche (Fukushima si trova in zona 5), la maggior parte dei siti atomici in India sono classificate nella fascia 3. L'impianto di Narora è l'unico situato in zona 4. Eppure - è la linea di difesa delle autorità indiane - la centrale non è stata danneggiata dalle numerose scosse che ha subito negli ultimi 21 anni (compresa una di magnitudo 6,3).
Quando un terremoto di magnitudo 6,7 ha colpito il Gujarat nel 2001, l'impianto di Kakrapur non ha interrotto la sua produzione. Quando lo tsunami del 2004 ha flagellato la costa del Tamil Nadu, gli impianti della centrale nucleare di Kalpakkam sono stati allagati e il reattore, grazie a un processo di spegnimento automatico, ha cessato di funzionare per alcuni giorni. La opzione indiana a favore del nucleare è certificata dai numeri. Il premier Singh ha presentato un piano da 175 miliardi di dollari. Il capo del governo punta a raddoppiare il numero di reattori nei prossimi due decenni per sostenere la rapida espansione dell'economia indiana, la più veloce dopo la Cina, e allo stesso tempo ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio, gas e carbone. L'obiettivo per il 2030 è generare 40mila megawatt di energia nucleare.
Una accelerazione poderosa. Se solo si considera che oggi l'India ottiene solo il 3 per cento della sua elettricità dai 19 reattori nucleari attivi nel Paese. Ma i progetti incalzano. Altri cinque reattori di grosse dimensioni e 39 "minori" sono in cantiere per contribuire a soddisfare l'appetito energetico del Paese. New Delhi punta anche a liberarsi degli impianti a tecnologia più obsoleta, come le centrali a carbone che producono attualmente circa il 53 per cento, contribuendo a rendere l'India il quarto Paese più inquinante al mondo. L'Elefante soddisfa i tre quarti del suo fabbisogno annuale di energia grazie all'importazione. Le oscillazioni del prezzo del petrolio finiscono per alimentare però il nemico numero uno del governo indiano: l'inflazione, "volata" sopra l'otto per cento nell'ultimo anno. Per molti analisti la scelta a favore del nucleare, operata dalla dirigenza indiana, è quasi obbligata. Dalla stessa corsa del gigante asiatico. L'India crescerà a un tasso tra l'8 e il 10 per cento nei prossimi due decenni, è il quinto maggiore consumatore di energia nel mondo (3,7 per cento del consumo totale). Si prevede, come segnalato da un rapporto redatto dal Strategic studies institute, che raddoppierà il suo consumo di energia entro il 2030, superando il Giappone e Russia e posizionandosi dopo Stati Uniti e Cina.                               

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