Asia, 42 milioni di nuovi poveri

Uno scenario da incubo che potrebbe ricacciare 42 milioni di persone al di sotto della soglia della povertà - a 19 milioni è toccata la stessa sorte nel 2010 - e "congelare" gli obiettivi per il Millennio dell'Onu per la riduzione della povertà. E innescare gigantesche tensioni nell'intera area dell'"Asia-Pacifico". Ma non solo. Le economie che più corrono sono la cinese e l'indiana: un loro rallentamento potrebbe azzoppare la ripresa economica mondiale. Il quadro presentato dal rapporto annuale "Economic and social survey of Asia and Pacific", realizzato dalla Commissione economica e sociale per Asia e Pacifico delle Nazioni Unite è in chiaroscuro.
I due Paesi hanno registrato risultati straordinari. Come si legge sulla rivista cinese di economia Caixin, tra il 2001 e il 2010 il Pil è cresciuto annualmente del 10,5 per cento, e ogni anno sono stati creati oltre 10 milioni di posti di lavoro. Ma alle luci si affiancano le ombre. Il portavoce del ministero degli Esteri, Ma Zhaoxu ha tenuto a sottolineare che nonostante la crescita poderosa il Dragone «resta un Paese in via di sviluppo». La riprova? «La Cina ha ancora una popolazione di 150 milioni di persone che vive al di sotto della sogna di povertà» e che «secondo i dati del Fondo monetario internazionale, Pechino occupa solo il centesimo posto al mondo in termini di Pil pro-capite». A spaventare è soprattutto l'inflazione. A marzo l'indice dei prezzi al consumo nel Dragone è aumentato del 5,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il livello più alto negli ultimi 32 mesi. Lo stesso spettro si aggira nell'altra economia emergente asiatica. I prezzi all'ingrosso in India sono cresciuti a marzo dell'8,98%: trainati dagli aumenti del petrolio (l'India importa tre quarti del proprio fabbisogno energetico) e dei generi alimentari (la frutta più 23 per cento).     
                                                                      
Se l'area è una delle più dinamiche al mondo, presenta tuttavia delle criticità che potrebbero paralizzarne la corsa. «L'inflazione e il caro petrolio possono seriamente minacciare lo sviluppo dell'intera regione e in particolare dei Paesi con la popolazione più vulnerabile, come Bangladesh, Nepal e anche India», spiega il documento. È proprio il mix tra costo delle materie prime e prezzi alimentari a generare maggiori inquietudini. Secondo la Banca Mondiale l'indice dei prezzi alimentari è aumentato del 15% tra la fine del 2010 e gennaio di quest'anno, un balzo inferiore solo di tre punti rispetto al drammatico picco toccato nel 2008. I prezzi del cibo sono aumentati in vari Paesi fino al 35%. Gli ultimi sei mesi hanno registrato un forte aumento dei prezzi di grano, mais, zucchero e riso. Tra giugno e dicembre dello scorso anno il prezzo del grano è aumentato in Bangladesh (45%), Sri Lanka (31%). Il prezzo del riso è esploso in Vietnam (46%) Indonesia (19%), Bangladesh (19%), Sri Lanka (12%) e Cina (9%). Il rincaro dei prodotti alimentari di base «rende difficile l'uscita della povertà anche in presenza di una forte crescita del Pil nazionale e ha un effetto negativo sui poveri delle città che sono costretti a comprare tutto il cibo che consumano», sottolinea ancora il rapporto. Sotto esame anche le due economie galoppanti della regione, Cina e India (crescita attesa per il 2011 del 9,5% per Pechino e del 8,7% per New Delhi, seguiti da Indonesia al 6,5%).

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