Nel corpo sfibrato di un'Italia alle prese da oltre vent'anni con un'interminabile crisi (economica e istituzionale),
un partito continua a speculare con successo sulla paura, a scommettere sulla divisione, a investire nell'odio. E' un bubbone. Un veleno.
Che rischia di compromettere quel po' di solidarietà nazionale che resiste in questo Paese. Oggi le tre regioni del Nord - il motore dell'economia italiana -sono governate da uomini della
Lega Nord, nonostante il partito abbia inanellato una serie di scandali, dalle multe per le quote latte (pagate da tutti gli italiani) all'incredibile vicenda del clan Bossi, dalla banca CreditEuronord finita a gambe all'aria a Finmeccanica e le presunte tangenti incassate, fino agli avvisi di garanzia recapitati in quel di Novara, all'assessore della giunta piemontese guidato da Roberto Cota (per molti un volto gentile del partito, affetto - come ha scritto
Pino Aprile - da un morbo da tenere a tutti i costi segreto: suo padre era di San Severo, Foggia).
Venti anni di indagini sociologiche
hanno smontato e rimontato il giocattolo.
C'è di tutto in quel contenitore. Reazione alla globalizzazione, invenzione identitaria, lotta alla partitocrazia, rapacità arraffona, linguaggio politico ridotto al rutto di Bossi. Una cosa appare, oggi come venti anni fa, incontestabile:
la Lega Nord ha capitalizzato un sentire comune che 150 anni di unità non solo non ha cancellato ma ha finito per rinforzare. Il sud? E' un fardello per il Nord. E' un grande malato. E' corrotto di fronte al nord virtuoso (ma il caso Parmalat? e quello della Banca di Siena?). I meridionali? Non hanno voglia di lavorare. Vanno bene a scuola? E' perché i prof del sud sono larghi di voti. E ancora. Un fiume di denaro ha inondato quelle regioni così vicine all'Africa ma non le ha redente.
Fino al vero colpo di genio. La questione italiana? E' quella settentrionale. L'anemica sinistra rincorre. Da anni. In una recente intervista alla
Padania,
Pierluigi Bersani riesce a dire:
«Io ricordo Bossi che girava il Nord nei primi anni Ottanta, lo andavo a osservare. Vidi fin d`allora che li c'era qualcosa di interessante: una radice autonomista, anti-burocratica e moralizzatrice dal punto di vista della serietà dell`azione amministrativa. Così fino ai primi anni Novanta: non direi costola della sinistra, ma certo tanta gente di sinistra divenne leghista, e io non ritenevo che fosse andata del tutto... "fuori casa"". Massimo Cacciari non fa che ripetere che il Pd deve regionalizzarsi. Ossia diventare "cosa" del Nord. Anni fa c'era
Giorgio Bocca che vomitava tutta il fiele del nord. Più recentemente il sociologo
Luca Ricolfi ha parlato di un sacco del Nord. E' possibile fare chiarezza? I numeri cosa dicono? E' possibile opporre la realtà alla sua falsificazione? Esiste ancora in Italia chi voglia fare un discorso serio, libero dagli estremismi, dalla faciloneria partigiana? Esiste. Un esempio è la ricerca di
Francesco Barbagallo, abile già nel titolo: "
La questione italiana. Il Nord e il Sud dal 1861 ad oggi" (Laterza). Non esiste una questione settentrionale. E forse è ora di archiviare anche quella meridionale. Nel senso che le due parti stanno in un insieme, si saldano, sono compenetrate, sono una il rovescio dell'altra, sono avvolte in un'unica trama.
E la parte più ricca oggi non sarebbe tale senza il contributo di quella più povera. Un esempio?
I capitali che consentirono lo sviluppo della prima "rivoluzione industriale" in Italia - scrive Barbagallo - "vennero dalle rimesse dei milioni di meridionali emigrati nelle Americhe". Quando, nel 1907, la Fiat attraversò una delle sue tante crisi, il suo salvataggio "fu operato dalla Banca d'Italia utilizzando temporaneamente le rimesse spedite tramite il Banco di Napoli dagli emigrati meridionali nelle Americhe". E ancora: "l'arma segreta del capitalismo italiano" è stata l'emigrazione dal Sud.
Quando si aprì la strada dell'industrializzazione del Sud le imprese del Nord ne guadagnarono in due modi. Primo attraverso gli incentivi statali. Una politica che si è protratta per anni. Ancora nel maggio del '87 - per fare un esempio - "il ministro per il Mezzogiorno stipulava due accordi di programma: il primo prevedeva quasi 2.000 miliardi di contributi alla Fiat su 3.200 di investimenti programmati per la ristrutturazione dell'impiano di Cassino". E il secondomodo? "La domanda meridionale di merci non attivava una struttura produttiva al Sud, ma veniva soddisfatta dalle imprese del Centro-Nord". Barbagallo non scivola certo in una visione idilliaca del Sud. Non ne nasconde mancanze. Gli abusi. I ritardi. le derive criminali. Qual è allora la realtà dei rapporti tra Nord e Sud, tra quei due pezzi (che la Lega Nord vuole inconciliabili) dell'Italia? Vediamo, anche con l'aiuto di altre "voci".
Cosa succede in Italia, una volta archiviata l'esperienza della Cassa per il Mezzogiorno? Cosa succede con la Lega al potere? Chi ha sottratto a chi?
"Il ministro Giulio Tremonti in particolare mette in atto una sistematica azione di smantellamento della programmazione. Tutte le risorse nazionali che accompagnano quelle europee nel finanziamento dei programmi vengono bloccate o destinate ad altri obiettivi. È un’azione – quella del Governo – caparbia e sistematica, che giunge sino a dirottare verso l’industria bellica fondi per i ricercatori del Mezzogiorno o a porre integralmente a carico delle politiche regionali tutto l’onore di solidarietà nazionale della ricostruzione post-terremoto dell’Abruzzo”. (Prota-Viesti. Senza Cassa. Le politiche di sviluppo del Mezzogiorno dopo l'intervento straordinario. Il Mulino).
Il Sud è una zavorra per il Nord? Il Nord sarebbe più ricco senza il Sud?
"La cifra trasferita ogni anno dal Centro Nord al Sud come residuo fiscale, 45 miliardi, finanzia importazioni nette da Sud verso Nord per 62 miliardi e per 13 miliardi dall’estero, come calcola Paolo Savona, uno dei più autorevoli economisti italiani. E cioè, in altri termini, le tasse pagate dal Nord e finite al Sud determinano, alla fine del giro, un vantaggio economico del Nord maggiore delle cifre pagate. Perché il Nord è un’area produttrice e il Sud un’area di consumo, che compra oltre un terzo di tutta la produzione del Nord". (Marco Alfieri. La Stampa).
Il sud è stato da sempre privilegiato nella distribuzione delle risorse?
"I dati relativi alla spesa nel Mezzogiorno servono a smentire l'idea, purtroppo assai diffusa anche nella pubblicistica, di un Sud inonadato da un fiume di risorse pubbliche; ma stanno anche ad indicare come laspesa in conto capitale aggiutiva in tale area sia valsa negli ultimi anni solo a compensare il deficit della spesa ordinaria. Lo storico vizio della sostitutività dell'intervento speciale". (Svimez)
I meridionale sono bamboccioni, sono inamovibili?
"Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,5 milioni di persone, oltre un meridionale su dieci residente al Sud nel 2010. Nel 2010 sono partiti del Mezzogiorno in direzione del Centro-Nord circa 109 mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania, con una partenza su tre (34.100); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.400 dalla Puglia, 14,400 dalla Calabria. I...n direzione opposta, da Nord a Sud, circa 67mila persone, che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania (17.400), Sicilia (16.400) e Puglia (11.500). La regione più attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2010 in media quasi un migrante su quattro, seguita dall’Emilia Romagna" (Svimez).
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