L'Italia a corto di futuro

"Stiamo legittimando l'egoismo come forma politica, come interlocutore dello Stato, come strumento di riconoscimento sociale e di rappresentanza. E' la stagione dello scontento, dove i doveri conteranno infinitamente meno dei diritti". Analisi lucida, fotografia perfetta della realtà questa scattata da Ezio Mauro. Si adatta perfettamente all'Italia (o quel che resta dell'Italia). Peccato sia stata scritta nel 1993. Il frantumarsi della prima repubblica si è risolto in un'onda lunga che, dopo vent'anni, sembra scoprire solo macerie. La seconda di repubblica, se è nata è nata malata, se deve nascere sembra già inchiodata a un'agonia ininterrotta. A uno sguardo che abbracci questa lunga, lunghissima, transizione non sfugge una costante. Questi anni sono stati segnati dall'irrompere - sguaiato e prepotente- di forze anti-sistema, tutte portatrici di una carica eversiva. La Lega Nord con la (sempre agitata) minaccia di secessione e dei fucili invocati prima di ogni elezione. Il berlusconismo, e la rottura invocata contro la magistratura, cioè contro lo Stato stesso. Ora tocca ai grillini: forza dichiaratamente, mediaticamente, anti-sistema. Non importa che tutte queste forze siano state digerite dal sistema (la parabola del clan Bossi ne è la più evidente conferma: l'anti-sistema si trasforma facilmente in rapina). Quello che importa è che nel corpo della nazione siano stati inoculati veleni difficili da smaltire. Una sorta di gigantesca pericolosa negazione. Non le regole, ma la loro sistematica cancellazione. Non la fiscalità come necessaria alla somministrazione dei servizi, ma la sua evasione. Non il bene pubblico (o comunque lo si voglia chiamare), ma la sua curvatura sotto il peso di interessi privati o aziendali (Berlusconi),  territoriali e "familiari" (Lega Nord). Non la lotta alla criminalità organizzata ma la sua canalizzazione dentro le forme dello Stato. Il risultato? Un paese diviso, sempre più frastornato, ripiegato, senza futuro. Facile preda di nuovi avvoltoi.

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