Psicopolitica - Byung-Chul Han


È nota la diffidenza che Michel Foucault nutriva nei confronti della psicoanalisi. Nella “cura parlata” il filosofo francese vedeva in azione il meccanismo nudo, trasparente dell’incitamento a s-velarsi. L’accesso al regno della visibilità. Nell’analisi dell’autore della Storia della follia, la psicoanalisi è apparentata all’arte della confessione, solidale a quella luce che rischiara – annullandolo - il segreto. Ma se la confessione, con Freud, è ancora relegata in uno spazio chiuso, pulviscolare, cellulare oggi è letteralmente esplosa. Si è infinitizzata. Essa satura lo spazio sociale, abbattendo ogni distanza tra pubblico e privato. Siamo dentro una nuova soglia, secondo l’analisi di Byung-Chul Han. Il potere abbandona la disciplina dei corpi. Si de-materializza. Assume la conformazione del digitale, sorta di grafia indelebile, imperitura del sé. Entra dove non era mai arrivato: nella psiche. E’ il declino della biopolitica, l’ingresso nella psicopolitica. Il tramonto della demografia, il trionfo della psicografia.


Per Byung-Chul Han “il neoliberalismo non si interessa in prima istanza di ciò che è biologico, somatico, corporale: piuttosto, esso scopre la psiche come forza produttiva”. Questa “conversione alla psiche” porta a obliterare il corpo e le sue prestazioni. Informazioni e programmi succedono alla forza somatica. “Il corpo è congedato dal processo di produzione diretta e diventa oggetto di ottimizzazione estetica o tecnico-sanitaria. Così, l’intervento ortopedico lascia il posto a quello estetico”.

Ma se il somatico si estingue e se la produzione si smaterializza, su cosa -  nell’analisi del filosofo sudcoreano – “gioca” il neoliberalismo? Qual è lo strumento con cui arriva a se-durre la psiche? Oggi il vero “capitale” sono le emozioni. Quella che viene oscurata è la razionalità a favore dell’insorgenza – breve, estemporanea, destinata a eclissarsi rapidamente – delle emozioni. Lo stesso sentimento arretra per far posto “alla dittatura delle emozioni”. “Oggi, in fondo, non consumiamo più cose, ma emozioni: le cose non possono essere consumate all’infinito, le emozioni sì”. La stessa comunicazione è completamente asservita alla dinamica delle emozioni. Incandescenti ma brevi. Volatili. Istantanee. È il trionfo della comunicazione digitale, il cui obiettivo principale è – scrive il filosofo sudcoreano - scatenare delle “tempeste affettive”.

 
Ma la comunicazione istantanea, la comunicazione spinta da una vertiginosa accelerazione è una comunicazione morta. Perché? Perché non presuppone più uno scambio, un transito, un urto tra soggetti diversi. “La comunicazione – scrive il filosofo - prende velocità là dove l’Uguale reagisce all’Uguale. La resistenza e la riluttanza delle diversità o dell’estraneità disturbano e rallentano, invece, la piatta comunicazione dell’Uguale. È proprio nell’inferno dell’Uguale che la comunicazione raggiunge la massima velocità”.

 

 

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