La compagnia delle anime finte - Wanda Marasco
C’è una sorta di maledizione, di pena che pende sugli
scrittori napoletani. Quella maledizione è il dialetto. Quella pena è una lingua
rovente, tellurica. Un parlato, un impasto carnale - che si esalta nell’insulto
nell’invettiva nello sfregio nell’urlo nell’espressività esorbitante nella
iastemma – che assedia, preme, sfascia la letteratura napoletana. Ogni
scrittura di Napoli deve fare, e fa, i conti con quella maledizione. Un
romanziere come Raffaele La Capria ha scelto l’eleganza che sterilizza, che tiene fuori la "voce".
Diverso è il caso di Wanda Marasco. Della "voce" la sua scrittura prova ad accoglierne
il ritmo, l’urlo. La scrittura in La compagnia delle anime finte si
imbastardisce, si infetta. I palazzi sono spertusati. La donna stupetiata. La
sporcizia è zuzzimma. La lingua di Marasco si fa lavica, l’intrusione del
dialetto ne turba, ne detta il ritmo. Una lingua chiamata a contenere - e a
restituire - la violenza che di ogni vita costituisce il fondo ineliminabile e fiammeggiante. Una lingua che di
quella violenza cerca anche la pausa, la tregua.
Sospendere la violenza. A Napoli lo si fa (o lo si
faceva) commerciando con i sogni. Dentro la violenza accerchiante, emerge l’ansia
di decifrazione, di traduzione dell’universo onirico in qualcosa di stabile,
saldo e riconoscibile. Nei numeri. E’ la divinità capricciosa della ciorta, della
fortuna: da blandire, da strattonare, da minacciare, da pretendere. È il grande esorcismo al
quale Napoli resta abbarbicata. L’esorcismo della miseria. E della violenza che
da quella miseria erutta.
La scrittura di Marasco si incarica di raccogliere anche un’altra
voce: “il bisbiglio ipnotico dei morti”. Perché l’anima a Napoli dai morti non
si è (ancora) staccata. Poco sopporta il grande lavacro della morte, ancora
resiste al suo imbellettamento, ancora contesta la sua sparizione. Marasco ce
lo ricorda: quel rapporto è il segreto di Napoli. Quando i morti non parleranno
più, quando cesseranno di essere, Napoli non esisterà più.
Commenti
Posta un commento