Tokyo "apre" agli stranieri
Per i giapponesi sono i lavori delle “tre k”: “kitsui, kitani, kiken”. Difficili, sporchi e pericolosi. I lavori che nessuno vuole fare più. E che tocca agli stranieri coprire. Sebbene le resistenze all’“invasione” siano molto forti per un Paese tenacemente arroccato nell’idea di “purezza” nazionale, Tokyo ha deciso di arrendersi. Cambiando una legislazione da molti giudicata punitiva che di fatto equiparava i lavoratori stranieri a “dei prigionieri in libertà vigilata”. Dal mese di luglio la famigerata “Alien registration card” sarà sostituita da una “Carta di residenza”, simile a quella in possesso degli stessi cittadini giapponese.
Come scrive AsiaSentinel, «si tratta di un passo in avanti innegabile». Gli immigrati potranno risiedere in Giappone per cinque anni, contro i tre della legislazione precedente. Non solo: come si legge sul Japan Times con la nuova legge gli stranieri in possesso della carta di soggiorno non dovranno più chiedere il permesso di rientrare in Giappone nel caso lascino il Paese per un periodo inferiore ai dodici mesi. La svolta di Tokyo è dettata da un’emergenza: il Paese ha un bisogno disperato di manodopera straniera, di alimentare una presenza che per ora resta “anemica”. Nel 2009 – ultimi dati disponibili – erano 562.818 i lavoratori stranieri presenti in Giappone: 249.325 cinesi, 104.323 brasiliani, 48.859 filippini 25.468 sudcoreani.
Il Giappone cammina sull’orlo di un baratro. Se il tasso di fertilità rimarrà inchiodato all’attuale 1,3 figlio a coppia, la popolazione nipponica scenderà dai 127 milioni di oggi a quota 100 milioni entro il 2050, a 40 milioni nel giro di cento anni. Ma le previsioni sono addirittura catastrofiche: a questo ritmo i giapponesi si “estingueranno” alla fine del Ventiduesimo secolo. L’altra emergenza è il sempre più veloce invecchiamento della popolazione. Circa il 23% dei giapponesi (quasi uno su 4) oggi ha 65 anni o più, una percentuale unica al mondo, e se il tasso di natalità continuerà a scendere, gli anziani saranno oltre il 40% nel 2060. L’aspettativa di vita poi continua ad allungarsi: per le donne, ritenuta già eccezionale, passerà dagli 86,3 anni del 2010 ai 90,9 nel 2060, mentre quella degli uomini dai 79,6 anni agli 84,19. Gli stranieri sono diventati, per forza di cose, una risorsa. Ma anche qui il sismografo rivela movimenti ambivalenti. Secondo il ministero della Giustizia nipponico, dopo la tragedia di Fukushima e la crisi che attanaglia l’economia del Sol Levante, gli stranieri sono diminuiti del 2,6 per cento rispetto al 2011. Sono invece aumentati i matrimoni misti. Nel 2009 sono stati 35mila i matrimoni, il cinque percento del totale. La cifra è triplicata rispetto al 1985.
Il Giappone cammina sull’orlo di un baratro. Se il tasso di fertilità rimarrà inchiodato all’attuale 1,3 figlio a coppia, la popolazione nipponica scenderà dai 127 milioni di oggi a quota 100 milioni entro il 2050, a 40 milioni nel giro di cento anni. Ma le previsioni sono addirittura catastrofiche: a questo ritmo i giapponesi si “estingueranno” alla fine del Ventiduesimo secolo. L’altra emergenza è il sempre più veloce invecchiamento della popolazione. Circa il 23% dei giapponesi (quasi uno su 4) oggi ha 65 anni o più, una percentuale unica al mondo, e se il tasso di natalità continuerà a scendere, gli anziani saranno oltre il 40% nel 2060. L’aspettativa di vita poi continua ad allungarsi: per le donne, ritenuta già eccezionale, passerà dagli 86,3 anni del 2010 ai 90,9 nel 2060, mentre quella degli uomini dai 79,6 anni agli 84,19. Gli stranieri sono diventati, per forza di cose, una risorsa. Ma anche qui il sismografo rivela movimenti ambivalenti. Secondo il ministero della Giustizia nipponico, dopo la tragedia di Fukushima e la crisi che attanaglia l’economia del Sol Levante, gli stranieri sono diminuiti del 2,6 per cento rispetto al 2011. Sono invece aumentati i matrimoni misti. Nel 2009 sono stati 35mila i matrimoni, il cinque percento del totale. La cifra è triplicata rispetto al 1985.
Commenti
Posta un commento