Cina, l'incubo trapianti
I numeri sono agghiaccianti. E marcati dal crisma dell'ufficialità. Lo scorso anno Huang Jiefu, vice ministro cinese della Salute ed esperto di trapianti, ha ammesso sulle pagine del Chinese Journal of Organ Transplantation che il 65per cento dei trapianti effettuati in Cina avviene grazie ad organi espiantati da detenuti condannati a morte. Lo stesso Huang ha confermato ieri al Legal Daily che il quadro, nonostante le promesse di Pechino, non è affatto cambiato. Il motivo? «Scarseggiano le donazioni volontarie», ha confermato l'uomo politico.
Il gigante asiatico - 1,3 miliardi di cittadini - soffre di una grave carenza di organi disponibili per i candidati al trapianto. Secondo i dati forniti dalla rivista Caijing ogni anno soltanto diecimila su 1,5 milioni di cinesi che hanno bisogno di un trapianto (un milione è in attesa di un rene, 300mila del fegato, 200mila di cuore, polmone, milza e pancreas, secondo le statistiche ufficiali) vengono sottoposti a un intervento chirurgico legale. «Il rapporto tra domanda e offerta è di 150 pazienti per ogni donatore, drammaticamente superiore alla media globale che è pari a 20-30 per donatore, secondo le statistiche fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità». Ancora più inquietante la distanza se si guarda agli Stati Uniti (5 a1) o al Regno Unito (3 a 1). Il sovrapporsi tra l'"offerta" bassa e una "domanda" elevata ha finito per alimentare un mercato illegale, marcato da profitti elevati: i "donatori"- sempre secondo Caijing - arrivano a intascare in media circa 20mila yuan per un rene, mentre gli acquirenti devono pagare di più di 200mila yuan per un trapianti. La differenza finisce nelle tasche di medici consenzienti e intermediari.
Nel 2007 Pechino ha promulgato una legge per stroncare questo fiorente mercato e due anni dopo ha lanciato un'ampia campagna per favorire le donazioni a livello nazionale. Secondo il ChinaDaily, in pochi mesi, l'esperimento pilota avrebbe spinto 128 persone alla donazione volontaria, consentendo più di 320 trapianti. Lo scorso anno è stato poi lanciato un programma per la standardizzazione delle procedure di trapianto di organi in tutta la nazione. I risultati restano, in realtà, assai modesti. Nel 2010, secondo i dati riportati dalla rivista Beijing review, si sono registrate appena cento donazioni volontarie. In tutta la Cina poi, sono soltanto 163 le strutture ospedaliere autorizzate ad effettuare trapianti. E la "macchina" medica cinese mostra anche molti, preoccupanti, deficit. Tra il 2001 e il 2006, il ministero ha registrato almeno cinque morti di donatori in buona salute dopo un trapianto di fegato.
Commenti
Posta un commento