Brucetellers, i racconti di Bruce

Ci sono, nella storia della canzone americana, artisti che hanno una (folgorante) forza iconica. Gente - per fare qualche nome -come Elvis Presley, Bob Dylan, Johnny Cash. E Bruce Springsteen. Gente che ha incarnato la Grande America, quell'affabulazione che da sempre ci avvolge, quel mito che ci insegue da quando siamo nati: nel loro modo di essere, di stare su un palco, nella loro fisicità, nelle loro parole hanno trattenuto qualcosa del Grande Racconto Americano.  La sua magia e il suo volto oscuro. La sua forza e le sue ferite. Nell'America perbenista e musona Elvis liberò il corpo, la sensualità, l'esaltazione, l'estasi (e con esse i fantasmi della musica nera che l'America bianca scopiazzava nel momento stesso in cui segregava la gente di colore). Dylan ha liberato i fantasmi della rivoluzione e, in un mondo immobile, ha spinto la poesia al limite dell'indecifribilità, la parola al fondo dell'allusività, affollando di simboli, citazioni, sfide ermeneutiche da capogiro le sue canzoni. Cash ha liberato i fantasmi della perdizione (e della salvezza) cantando di morte prigione omicidi sedie elettriche treni che corrono verso il tramonto. E Springsteen? A distanza di oltre 30 anni dalla sua irruzione nel mondo musicale a stelle e strisce, quello che ancora colpisce è l'irrequietezza (infinita) dei personaggi che affollano il suo mondo poetico.

Dall'Hungry heart che abbandona casa e figli, all'uomo di Straight time che sente una forza oscura spingerlo oltre quella linea sottile, al marito di Caution man che sa che i semi del tradimento si nascondono in un animo inquieto, all'uomo divorato dai dubbi di Brilliant disguise: la lista è (praticamente) immensa. C'è un altro aspetto di Springsteen che conquista. La sua capacità di generare storie. Non solo ogni sua canzone è una storia che intrappola il dna dell'America, ma sono infiniti i tentativi di raccontare il suo universo poetico (e attraverso di lui il segreto dell'America). Prendete le foto di Danny Clinch o di Annie Leibovitz. I libri di Dave Marsch. I film (si pensi a Sean Penn). La sterminata bilbiografia italiana. Una galleria smisurata. Brucetellers si inserisce in questo grande corpus. Novanta tra cantanti, scrittori, giornalisti, fotografi ( e quella particolare categoria di cacciatore folle che è il collezionista di Springsteen) hanno raccontato il loro Bruce. La loro passione. Un libro (in vendita dal 22 ottobre) che nasce per aiutare la Fondazione dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze. E che sarà accompagnato da una "festa" in grande. L'appuntamento sabato 22 a Pistoia. All abroad!

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