L'undici settembre di Springsteen

La genesi dell’album The rising ­-  pubblicato nel luglio del 2002 dopo ben sette anni di silenzio compositivo e con modalità assolutamente inedite nella produzione springstiana, sempre caratterizzata da tempi lunghissimi spesso dettati da una cura maniacale dei dettagli, da continui ripensamenti e insoddisfazioni, e da una vena compositiva debordante rispetto a quella contenibile in una pubblicazione - è nota: all’origine c’è l’11 settembre, la tragedia delle torri gemelle crollate dopo l’attacco terroristico. Springsteen, all’indomani della tragedia, il 21 settembre, appare al Tribute to helpers, maratona musicale per la raccolta di fondi a favore dei parenti delle vittime e interpreta My city of ruins, una composizione scritta in precedenza sulla “sua città in rovina” ma che si sposa perfettamente all’ansia di rinascita e resurrezione che gli urge cantare. In pochissimi giorni, compone Into the fire, The rising, l’ossatura del nuovo disco.

Tutto The rising è permeato - invaso dal senso incombente della tragedia. La parole chiave sono fuoco, polvere, sangue. Il cielo torna in maniera quasi ossessiva. Il cielo è “striato di sangue”, è “vuoto”, è “di nera cenere”, il cielo è di “dolore e angoscia”. Tutti gli elementi sembrano partecipare della tragedia e del manifestarsi del male. “La luna è insanguinata”, “la stanza brucia”, “la vipera striscia nel giardino”, “il diavolo si è infilato nella cassetta delle lettere”, “il diavolo spunta all’orizzonte”. “Il sangue invade le strade”, “il sangue piange dalla terra”. La vita è ridotta ad “una nuvola di vapore rosa”, la comunità è ferita, “la chiesa è vuota”. Ma, in un ideale contrappunto, alle immagini di morte, di violenza, di vuoto che Springsteen semina nelle canzoni dell’album, si contrappongono le parole amore, resurrezione, fede, forza. L’invocazione, l’invito alla risurrezione è presente tanto in The rising che in My city of ruins. Le parole fede, amore, forza - in forma litanica - strutturano la canzone Into the fire che si declina come una vera e propria preghiera. La separazione il distacco la violenza non vengono però addolcite né rimosse: la separazione è quella dei mondi inconciliabili degli amanti di Wordls apart, l’assenza della persona amata si materializza in un letto vuoto (Empty sky) e negli oggetti che le sopravvivono dopo la scomparsa (Yuo’re missing), nella solitudine del tradimento di Lonesome day, nelle seduzioni del suicidio in Nothing man e Paradise. Il mondo sconvolto dalla tragedia, materializzatasi con l’11 settembre, non è però disertato dalla speranza. Si aspetta ancora “un giorno di sole che allontani le nuvole”, si attende un miracolo nonostante la favola “sia tragica” e “nessun principe arrivi a rompere l’incantesimo” (Countin’ on a miracle). C’è ancora posto per la comunità in festa, per i sorrisi e le voci che riempiono l’aria, per la grazia (Mary’s place), per la voglia di superare le barriere (“Ci sono un sacco di muri che bisogna buttare giù/insieme potremo farli crollare ad uno ad uno”, (Let’s be friends (skin to skin).

Springsteen in The rising mette i suoi personaggi di fronte all’ultima frontiera, la frontiera estrema: quella tra la vita e la morte. Un confine attraversato in prima persona dal pompiere di The rising, in terza persona e come in presa diretta in Into the fire, dalla persona amata (Counting of a miracle, Yuo’re missing), un confine che si desidera attraversare (per portare morte e distruzione con l’aspirante kamikaze di Paradise), nella speranza di ricongiungersi con la persona che si è persa (ancora Paradise), nel desiderio di ritrovare il coraggio perduto (nell’uomo da nulla, letteralmente, di Nothing man). Ma l’attraversamento non esaurisce la realtà, piuttosto la “apre” all’inaspettato. Dopo il confine, dopo la morte si staglia - si profila una dimensione ulteriore: c’è un cielo di “pienezza e di benedizioni” e la tangibilità della resurrezione in The rising, l’amore e il dovere da cui chi rimane in vita trae forza (Into the fire), c’è la potenza del ricordo e la forza di sperare in un miracolo (Countin’ on a miracle), c’è la disperazione dell’assenza (Empy sky) e in fine c’è il “vuoto” del paradiso di chi uccide in nome di una ideologia della morte (Paradise), c’è il desiderio di rinascita di una comunità in rovina (My city of ruins).

Al confine tra la vita e la morte, in The Rising e in Into the fire, due composizione in qualche modo parallele i cui protagonisti vedono il loro destino compiersi “nel fuoco”, nel cielo “rosso sangue”, nella “polvere”, in immagini altalenanti di caduta e ascesa, di morte e risurrezione – il compiersi della tragedia si trasforma in una forma di “vicinanza”, in una comunicazione talmente prossima da farsi osmosi.
Into the fire si apre con lo scatenarsi della catastrofe.

Il cielo stava cadendo
Striato nel sangue
Ho sentito che mi chiamavi
Poi sei scomparso nella polvere
Su per le scale
Su per le scale
Dentro il fuoco

L’io narrante sembra quello della compagna di un pompiere che corre nelle Twin Towers arse dal fuoco, negli attimi che precedono la caduta. La donna “sente” l’ineluttabilità del destino che sta per compiersi: il suo compagno continua a salire spinto dall’“amore e dal dovere” mentre lei confessa di aver bisogno del suo bacio. La coppia amore e dovere non è mai disgiunta in questo testo. Nella seconda strofa è ancora la donna a “unirsi” all’uomo nel ricordo. L’immagine dell’amore (“mi hai dato il tuo amore per vedere/ mentre l’autunno tingeva i campi di rosso e marrone”) richiama subito quella legata al dovere al quale l’uomo non si sottrae (“mi hai dato il tuo amore/ e offerto il tuo giovane corpo/ su per le scale/ nel fuoco). Anche nella terza strofa il gesto dell’amore accompagna il compiersi del dovere. E soprattutto si rinnova quella “comunione” tra i protagonisti, che sembra essere la cifra più intima delle canzoni di The rising. Comunione tra la donna e la persona amata, ma non solo: le parole pronunciate potrebbero essere anche quelle scambiate tra il pompiere e uno dei superstiti che egli tenta di soccorrere. O ancora il Tu invocato potrebbe essere Dio.

Era buio, troppo buio per vedere, mi hai tenuto
nella luce che emanavi
Hai tenuto la tua mano su di me
Poi sei entrato nell'oscurità
della tua tomba di fumo
Su per le scale, dentro il fuoco
Su per le scale, dentro il fuoco
Ho bisogno del tuo bacio, ma l'amore e il dovere ti hanno chiamato più alto
Da qualche parte su per le scale, dentro il fuoco

Il ritornello, ripetuto sette volte, conserva la stessa “in-distinzione”, la stessa “con-fusione” tra i personaggi. L’appello che esso contiene può essere destinato al pompiere, alla persona che si ama, ma anche al Tu che assiste l’uomo nel momento della morte.

la tua forza ci dia forza
 la tua fede ci dia fede
la tua speranza ci dia speranza
 il tuo amore ci porti amore
il tuo amore ci porti amore

Anche in The Rising il protagonista è un pompiere. Ma qui Springsteen sceglie la prima persona per narrarne la storia. Come in Into the fire, nel testo si susseguono immagini sorprese di una sorta di sospensione allucinata, provocate dal faccia a faccia con qualcosa di inaudito e di inconcepibile. Immagini di dolore, immagini di morte incombente. L’uomo sale con un macigno sulle spalle, ha perso la sua strada nell’oscurità per quanto è salito, non riesce a vedere nulla davanti a sé e niente alle sue spalle, non sente nulla se non la catena che lo lega. Incrocia facce annerite, occhi che bruciano. Si imbatte in spiriti: sono “sopra e dietro” di sé. Il nominare gli spiriti indica qui la frattura dalla realtà. Siamo ancora in questa vita? Nell’altra? Sono persone vive? Sono anime? Quello che è certo è che siamo ormai in un’altra dimensione. L’uomo è davanti “alla luce incandescente di Dio”. Negli attimi che precedono la morte (e la resurrezione) l’io poetico si rivolge alla “sua” Maria, e all’immagine “sacra” dei suoi figli danza in un cielo di luce.

vorrei sentire le tue braccia intorno a me
  il tuo sangue che si mescola al mio
Un sogno di vita mi appare
Come un pesce gatto che danza all’amo della mia lenza

Il velo della tragedia è squarciato da immagini di vita, che rincorrono il pompiere proprio mentre si compie il suo destino. Il tutto si compie sotto un cielo di “oscurità e dolore”, di “d’amore e di lacrime”, di “gloria  e tristezza”, di “pietà e paura”, di “memoria e ombra”, di “desiderio e vuoto”, un “cielo di abbondanza”, un “cielo di vita benedetta”.
Anche The rising è scandita da un appello. Qui Springsteen si rivolge direttamente alla comunità. Non sappiamo se sia il cantante in persona, o il pompiere, o la sua compagna ad invocare la resurrezione, una resurrezione non solo privata, esclusiva, ma in qualche modo “corale”, destinata all’intera comunità.
In You’re Missing protagonista è una casa nella quale domina l’assenza della persona amata, scomparsa. E’ la tragedia catturata in una delle sue pieghe apparentemente minime. Nella casa tutto sembra essere al proprio posto: le camicie nell’armadio, le scarpe all’ingresso, la tv accesa, il giornale abbandonato sui gradini dell’ingresso. Ma gli oggetti smettono di significare, di essere presenze rassicuranti, nel momento in cui la persona a cui appartengono non c’è più. L’intera casa sembra aspettare il ritorno della persona amata, sospesa nell’attesa, sgomenta. I bambini chiedono se il genitore tornerà, il telefono continua a squillare come sempre. Ma il ritorno non ci sarà. È il senso inesorabile della perdita che apre – ancora una volta - ad una nuova dimensione nuova, “verticale” fino ad allora rimasta preclusa ai personaggi di Springsteen: la dimensione del religioso, della speranza di una vita ultraterrena, di una liberazione che sopraggiunga e coincida con un’altra vita. E’ un’apertura che non ha nulla di consolatorio. La perdita è così devastante, che l’abbandono coinvolge anche Dio, in una vertiginosa vicinanza tra il dolore terreno e quello divino, un abbandono che si comunica persino al mondo degli oggetti.

Dio vaga per il paradiso, il diavolo è nella buca delle lettere
polvere sulle mie scarpe, ho solo lacrime

Una comunità in ginocchio, come quella cantata in My city of ruins. Lo sguardo di Springsteen ha definitivamente abbandonato la casa e i conflitti che essa cova per abbracciare l’intera sua “città di rovine”. Una comunità ferita e dispersa. Nella composizione si inseguono immagini di abbandono e miseria, di solitudine e ripiegamento. La porta della chiesa è spalancata ma i fedeli non ci sono. Giovani agli angoli delle strade come “foglie sparse”. Porte sbarrate, finestre chiuse, un uomo in ginocchio, un letto vuoto, lacrime su un cuscino. La terra è “fredda e scura”, su di essa è disegnato un “cerchio rosso sangue”. Alla comunità ancora una volta è rivolto l’appello e l’invocazione: ad alzarsi, resuscitare, a rinascere. E che non sia solo una rinascita “civile” lo conferma il finale della composizione, ancora un’invocazione a Dio perché dia la “fede”, la “forza”, l’“amore”.

Con queste mani
Con queste mani, con queste mani
Con queste mani, ti prego Signore
Con queste mani, con queste mani
Prego per avere la forza, Signore
Con queste mani, con queste mani
Prego per avere la fede, Signore
Con queste mani, con queste mani
Prego per il tuo amore, Signore
Con queste mani, con queste mani
Prego per avere la fede, Signore
Con queste mani, con queste mani
Prego per avere la forza, Signore
Con queste mani, con queste mani

Avanti risorgiamo
Avanti risorgiamo

 (Tratto da Oltre il Confine. Miti e visioni d'America nelle canzoni di Bruce Springsteen, Pardes)







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