Cina, la conquista dell'America Latina

Lo strappo - non solo economico ma dalla forte carica simbolica - si è consumato da poco. La Cina nel 2010 ha sottratto agli Usa il ruolo di primo partner commerciale del Brasile. I numeri catturano la portata della presenza di Pechino nel Paese. Nei primi sei mesi del 2010, gli investimenti cinesi in Brasile sono letteralmente esplosi, toccando quota 20 miliardi di dollari. Nel 2009 si erano fermati a 83 milioni. Come ha riportato il quotidiano inglese The Guardian, il Dragone potrebbe sborsare 40miliardi di dollari all'anno, da qui al 2014, con investimenti che vanno dalle telecomunicazioni alle infrastrutture, dalle miniere all'agricoltura.
Siamo dinanzi a una nuova colonizzazione? A una penetrazione che vuole replicare l'invadenza cinese in Africa, destinata a irritare gli Stati Uniti che assistono alla crescita vertiginosa di un pericoloso concorrente nel loro "cortile di casa"? Il Brasile in realtà è solo il tassello di una strategia più ampia. E tentacolare. Che abbraccia l'intero continente sudamericano. Uno sguardo alle cifre. Gli investimenti esteri in America Latina sono cresciuti del 40% nel 2010 toccando quota 113 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da uno studio delle Nazioni Unite. Il Paese che ha registrato la crescita più veloce negli investimenti è, neanche a dirlo, la Cina, che rappresenta il 9% del totale. Il 90% dei fondi impegnati dal Dragone è mirato allo sfruttamento delle risorse naturali. Vola anche l'export. Gli scambi commerciali tra la Cina e l'America latina sono passati da quota 12 miliardi di dollari nel 2000 a oltre 140 miliardi.
Sono due le "lenti" attraverso le quali leggere l'invasione cinese. Pechino ha bisogno di soddisfare la sua fame di energia. Nel 2008 la Cina ha importato il 56 per cento del suo petrolio e si stima che ne importerà circa i due terzi entro il 2015 e quattro quinti entro il 2030. Uno studio del Pentagono rivela che «al tasso di estrazione attuale la Cina esaurirà le proprie riserve di petrolio, gas naturale e carbone rispettivamente in 7, 22 e 75 anni». Per continuare a crescere il Dragone ha bisogno di continue iniezioni di materie prime. Questa ricerca va di pari passo con l'apertura di nuovi mercati. Secondo: l'immensa liquidità di cui dispone Pechino. La Cina è diventata il più grande risparmiatore del mondo (con una cifra stimata di 3.200 miliardi in depositi), e il maggiore investitore (2.900 miliardi di dollari di investimento lordo nel 2010). Gli investimenti all'estero sono letteralmente esplosi, crescendo di 20 volte in giro di otto anni. Più di 12mila aziende cinesi hanno investito in 13mila aziende straniere disseminate in 177 Paesi. Jin Liqun, chairman di China Investment Corp (CIC), il Fondo sovrano cinese che attualmente dispone di una dotazione di 300 miliardi di dollari, ha annunciato che nel 2011 una parte crescente degli investimenti sarà indirizzata proprio all'America Latina. E non solo Brasile. Il Dragone è anche il primo partner commerciale del Cile, il secondo di Perù e Argentina. L'Ecuador ha firmato accordi bilaterali con Pechino per 5 miliardi di dollari, gli investimenti in Perù nel 2010 ammontavano a 1,4 miliardi di dollari. Un caso particolare è costituito dal Venezuela, Paese nel quale la Cina vanta 50 progetti per lo sfruttamento di alluminio, bauxite, ferro e oro e pianifica di entrare, entro il 2030,  in diversi altri settori, tra cui elettricità, trasporto, costruzione, finanza, gas naturale. Il Paese latinoamericano è il primo fornitore di petrolio grezzo e raffinato e il terzo di idrocarburi. Nell'era Chavez, gli scambi commerciali tra i due Paesi, sono passati da un volume di 200 milioni nel 1998 a 10 miliardi, nel 2009.
La fase propulsiva dell'espansione  cinese in America latina è tutt'altro che esaurita. Anzi. Pechino inventa nuove strategie. E nuove vie di comunicazione. Come la rotta di collegamento tra Atlantico e Pacifico alternativa al Canale di Panama. Rotaie contro vie navigabili. La nuova infrastruttura, come spiega Agi China 24, finanziata da Chinese Development Bank e ideata da China Railway Group, consiste in una linea ferroviaria lunga circa 220 chilometri che dovrebbe collegare Cartagena, sul mar dei Caraibi, con una località non meglio precisata che si affaccia sul Pacifico. I vantaggi per la Cina e la Colombia sarebbero reciproci: «mentre la prima disporrebbe di una nuova rotta attraverso la quale distribuire i suoi prodotti, la seconda si ritroverebbe con un'opera infrastrutturale capace di ridurre le strozzature nel trasporto delle sue risorse minerarie, prima tra tutte il carbone, di cui Pechino è uno dei primi acquirenti».                                                    

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