Se la Cina si mangia l'Europa

Gerard Lyons, capo economista della Banca Standard Chartered, non usa mezzi termini : "Il decennio appena trascorso è stato segnato da tre parole: “made in China”. Quello successivo lo sarà da altre tre: “di proprietà della Cina". Mentre Usa e Europa stentato a uscire dalla crisi nella quale sono precipitate, Pechino fa shopping. E la nuova frontiera degli acquisti cinesi si chiama Europa. Tanto che nelle cancellerie del  vecchio continente circola un interrogativo inquietante: l’Europa sarà cannibalizzata o rivitalizzata dalle iniezioni di yuan?
Ma cosa spinge gli uomini d’affari cinesi a “buttarsi” sull’Europa?  A differenza di quanto accade in America, dove il Committee on Foreign Investment è in grado di bloccare le offerte che comportano investimenti esteri per motivi di sicurezza nazionale, le autorità di regolamentazione dell'Unione Europea non hanno alcuna voce in capitolo su questo tipo di affari. E non si muovono solo le imprese. Negli scorsi mesi, i leader cinesi hanno visitato non solo i principali paesi europei - come Germania, Francia e Gran Bretagna - ma anche alcuni degli stati periferici più tormentati e a un passo dalla crisi irreversibile. Il (fitto) calendario delle missioni è indice di quanto sia strategica per la Cina la partita che si sta giocando. Wen Jiabao, il primo ministro, è volato in Grecia a ottobre; il presidente Hu Jintao ha visitato il Portogallo a novembre e il vice premier Li Keqiang la Spagna a gennaio.  La Cina detiene già il 13% del debito pubblico spagnolo e si è impegnata ad acquistare un’altra fetta del valore di 6 miliardi di euro. Lo stesso ha promesso a Grecia e Portogallo.
Pechino in realtà, come ha notato l’Economist, ha una buona ragione per correre in soccorso dell’Europa, il suo più grande mercato per l’esportazione e fonte significativa di tecnologia e di know-how. L’acquisto di obbligazioni europee “aiuta a sostenere un mercato decisivo per il Dragone, arresta lo slittamento dell’euro che renderebbe le esportazioni cinesi più costose, diversifica le sue riserve dal dollaro”.
La crisi finanziaria europea sta offrendo poi opportunità insperate per Pechino. Emblematico è il caso della Grecia, paese sempre a un passo dal tracollo finanziario. La Cosco, società controllata dal governo di Pechino, ha speso 3,3 miliardi di euro per acquisire il controllo del porto del Pireo per i prossimi 35 anni, e ha investito 564 milioni per migliorarne le strutture. Secondo il Daily Telegraph “i cinesi puntano alla creazione di una rete di porti, centri logistici e ferrovie per la distribuzione dei loro prodotti in Europa: una sorta di nuova Via della seta”.

Sono due le braccia attraverso le quali la Cina sembra voler stringere (o stritolare) Bruxelles & Co.. Da un lato le imprese. Dall’altro i pezzi grossi del partito. Gli affari e la politica insomma. Le riserve in valuta estera detenute dal Dragone hanno raggiunto la cifra stratosferica di 2850 miliardi di dollari, un “bottino” destinato a crescere di sei volte entro il 2020, secondo la stima della Banca Mondiale. I piani delle imprese cinesi, che agiscono con la benedizione di Pechino,  sono ambiziosi. Come ha scritto il Wall Street Journal esse mirano a “ridisegnare il commercio globale e i flussi di investimenti nei prossimi anni”. Risultato? Gli analisti prevedono un aumento di acquisizioni all'estero da parte delle imprese cinesi nel prossimo decennio. Un piano quinquennale di Pechino, approvato nel mese di marzo, invita a istituire "reti internazionali di vendita e marchi." I numeri catturano l’escalation. Gli investimenti delle imprese cinesi in aziende europee ammontavano a 853 milioni dollari nel 2005. Nel 2010 sono balzate a quota 43,9 miliardi di dollari, secondo la società di consulenza londinese Dealogi. Circa 118 imprese europee sono finite nelle mani di imprenditori stranieri. Il Wall Street Journal cita l’ultimo caso della lunga lista di acquisizioni. La Lenovo – già nota per essersi “mangiata” l’Imb, storico marchio a stelle e strisce -  ha deciso di acquistare il 37% di Medion AG, azienda tedesca di computer.

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