L'India punta all'Africa
C'è un nuovo attore che sta guadagnando sempre più spazi in Africa, creando un network di rapporti in grado di concorrere con l'altro gigante asiatico - la Cina - che vanta una presenza tentacolare nel continente nero. L'India guarda sempre più verso l'Africa, con un ruolo economico e politico preminente. Alcuni dati catturano la potenza di questa spinta: secondo il Times of India tra aprile e luglio 2010, New Delhi ha esportato verso l'Africa beni per 4,8 miliardi dollari (51 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2009). Nello stesso periodo ha importato dall'Africa merci per 7,8 miliardi di dollari (più 40,7 per cento).
La molla che muove l'India è simile a quella che anima la Cina. Saziare la fame di energia che serve ad alimentare il suo tumultuoso sviluppo. E, al tempo stesso, trovare nuovi mercati per le sue imprese. L'India crescerà a un tasso tra l'8 e il 10 per cento nei prossimi due decenni, è il quinto maggiore consumatore di energia nel mondo (3,7 per cento del consumo totale). Si prevede che raddoppierà il suo consumo di energia entro il 2030, superando il Giappone e Russia e posizionandosi dopo Stati Uniti e Cina. Secondo i dati dell'International Energy Agency (Iea), l'India importa circa il 75 per cento del suo petrolio la sua "dipendenza" dall'estero dovrebbe aumentare di oltre il 90 per cento entro il 2020. L'Africa rappresenta già oggi il 20 per cento del petrolio importato dall'India. La concorrenza da battere è forte. La Cina da anni lavora a ritagliarsi un ruolo privilegiato in Africa. A dicembre è uscito il primo libro bianco di Pechino sui rapporti commerciali tra la Cina e il continente. Che registra l'ennesimo poderoso salto in avanti: gli scambi sono schizzati a quota 114,8 miliardi di dollari (+ 43,5% rispetto all'anno precedente), sorpassando - come informa il China Daily - i livelli del 2008 (106.8 miliardi di dollari), prima cioè che la crisi globale azzannasse le economie di mezzo mondo - ma non quella cinese. Un dato cattura l'impressionante progressione: in dieci anni il valore del commercio tra Cina e Africa è passato da quota 6 miliardi di dollari a quota 107, secondo i dati del rapporto China's growing role in African peace and security della Ong Saferwordl. Nel 1950, secondo il già citato libro bianco, erano fermi alla striminzita cifra di 12 milioni di dollari. La Cina è diventata così - nel 2009 - il primo partner commerciale dell'Africa, scavalcando gli Stati Uniti e l'Europa. Alla fine dello stesso anno, gli investimenti diretti in Africa targati Dragone hanno raggiunto quota 9,3 miliardi di dollari.
Ma quello che divide i due attori è il modus operandi. Secondo il rapporto "India in Africa" del Strategic studies institute, New Delhi «ha un approccio che pone l'accento non solo sul commercio, ma anche sulla formazione del personale e lo sviluppo delle infrastrutture locali» e l'Africa «sta beneficiando dell'aggiunta dell'India alla lista dei Paesi che cercano di accedere alle sue risorse naturali e ai suoi mercati, nonché di accreditarsi come partnership politico e strategico». A differenza della Cina, che è spesso accusata di avere un atteggiamento predatorio, «l'India ha incoraggiato i trasferimenti di tecnologia ai suoi partner africani». Per gli Stati africani, molti dei quali sono afflitti da instabilità e dilaniati da conflitti etnici e religiosi, «l'India offre l'esempio di un Paese in via di sviluppo che sta ottenendo grandi successi nel quale si parlano 22 lingue ufficiali diverse oltre all'inglese, nonché 1.652 lingue che hanno convissuto pacificamente». L'India - che ha annullato il debiti di cinque Paesi (Ghana, Mozambico, Tanzania, Uganda e Zambia) - svolge anche un ruolo filantropico in Africa. Durante un vertice con i leader africani nel 2008, l'Elefante si è impegnato a versare 500 milioni di dollari in sovvenzioni per progetti di sviluppo. Ha inoltre promesso di aumentare di 2 miliardi di dollari le sue linee di credito per i Paesi africani.
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