La Cina blinda il Tibet

Tibet chiuso agli stranieri. A due giorni dall'anniversario della rivolta del 10 marzo 1959 - coinciso tre anni fa con una nuova "insurrezione" costata la vita ad almeno 19 persone per Pechino, a 400 per il governo tibetano in esilio - il regime cinese non trova di meglio che avanzare dubbi sulle capacità ricettive della regione autonoma. Il capo del Partito locale Zhang Qingli ha parlato «di mancanza di posti letto». «Il Tibet - si legge sul China Daily - conta solo più di mille alberghi con 80mila posti letto, quindi non è possibile per permettere di visitarlo durante i periodi di picco», ha detto. In realtà il Dragone non vuole che nulla possa turbare il «fondamentale principio» che il Tibet «è una parte inalienabile della Cina», come recitava il Libro Bianco sul Tibet del 1992. È il principio «della sovranità e dell'integrità territoriale», uno dei "dogmi" ("core interests") attorno ai quali si è costruita la politica cinese. Ad attaccarlo - secondo la retorica di Pechino - è la «cricca» del Dalai Lama, che attenterebbe «all'unità nazionale». 

Un'accusa, ripetuta come un mantra, e tornata anche ieri a risuonare nelle parole di Qiangba Puncog, capo del comitato permanente dell'Assemblea popolare della regione autonoma tibetana. «La morte del Dalai Lama non turberà la stabilità politica della regione» perché siamo davanti a «un capo religioso e non politico», a «un lupo vestito da monaco». I piani di Pechino proseguono. Il presidente Hu Jintao ha assicurato che «sforzi meticolosi» saranno dedicati «al programma di riforme, sviluppo e stabilità» del Tibet. Programmi che si tradurranno in nuove infrastrutture per rendere più accessibile la regione. Il ministro dei Trasporti, Li Shengling ha fatto sapere che «entro il 2015 la maggior parte dei villaggi del Tibet saranno raggiungibili attraverso delle superstrade». Previsti anche nuovi collegamenti ferroviari destinati a ridurre i tempi di percorrenza tra il Tibet e la regione dello Xinjiang. Nei prossimi cinque anni verrà costruita una nuova linea ferroviaria tra Golmud nella provincia del Qinghai e Korla, nello Xinjiang. Golmud è la principale città sulla linea del Qinghai che collega la capitale del Tibet, Lhasa con il Qinghai. Costo stimato: 310 miliardi di yuan (47,6 miliardi dollari). Prevista anche la costruzione di sei aeroporti.

È solo l'ultimo tassello di una strategia a lungo termine. Un impegno necessario per lo sviluppo, secondo Pechino. Un «genocidio culturale» secondo il Dalai Lama. Aperta nel 2006, la tratta ferroviaria Qinghai-Tibet (costata 4,3 miliardi di dollari) ha trasportato 18 milioni di passeggeri e 90 milioni di tonnellate di merci. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2009 il Tibet ha accolto 5,56 milioni di turisti. Cinesi compresi.                                                      

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