L'estate di Altachiara

La sonnacchiosa provincia veneta. Un paese oppresso da un agosto lavico. Presenze e sussurri inafferrabili. Tra libri universitari, corse in bicicletta e ansie a cui non riesce a dare un nome, si muove Andrea Gambara, irrisolta studentessa milanese, un intrico di reticenze, percepita come un’estranea da chi registra - con un misto di ostilità impazienza e desiderio ossessivo - la sua presenza estiva. Lei cittadina nella provincia più riluttante. Amante dei libri in un micro cosmo che rifiuta la cultura e riconosce una sola legge: arraffare, ingurgitare, ingoiare. Andrea precipita in un mondo inaspettato. E violento. Si troverà faccia a faccia con il male.


Che volto ha il male? Come riconoscere la sua unghiata? Come annusare la sua presenza? Il male è ciò che si confonde con il quotidiano, che si rintana nel familiare, che in fondo abita il nostro essere, i nostri pensieri, le nostre azioni ? O al contrario è il radicalmente altro? Qualcosa che prolifica nella nostra assenza? Il male è il banale (Arendt) o il mostruoso (King)? Ombretta Bertini non ha paura di cimentarsi con un tema ostico – che sarebbe salito agli onori della cronaca col caso delle bestie di Satana - accoppiando registri colti e “bassi”,  turpiloquio e poesia, echi di Stephen King e di John Webster.
Andrea viene risucchiata. Il vortice le si spalanca sotto i piedi. Poco alla volta. I segni si infittiscono. Un manifestarsi obliquo, sinistro. Un cane ucciso. Una testa di cavallo. Rituali sadici. Il male è in questa voragine. Un lento o precipitoso franare. A tutti noi spetta trovare un appiglio.

"Mazzasette si svegliò prima del gallo e uscì dalla baracca di lamiera. Erano le cinque del mattino e il termometro segnava già 28°. Si stirò e ruttò via un po' di birra della sera prima, asciugandosi un filo di bava con la canotta. Le colline intorno al fiume in secca erano un'ombra profilata d'oro. Mazzasette era molto felice: il giorno prima era riuscito a rimediare un compressore quasi nuovo abbandonato lungo un campo, roba da farci un bel mucchietto di euro a saperlo piazzare. Una grattatina di palle, un sorso di birra e andò a vedere come stavano i cani. Povere bestie, così umili e così fedeli. La notte che si era sparato, mancandosi il cuore per un soffio, erano stati loro a dare l'allarme. Avevano ululato così forte che persino quelli del maneggio oltre il Progno li avevano sentiti. Quando Floris, il cavallaro, era arrivato sul posto, Mazzasette era steso in un lago di sangue davanti alla baracca, con gli intestini aggrovigliati stretti nelle manone da contadino e una moltitudine di lattine vuote che costellavano lo sterrato intorno alle lamiere. Era successo nel luglio di vent'anni prima, e da allora non aveva più tentato di ammazzarsi, anche perché gli avevano tolto la pistola che deteneva abusivamente dal '45, quando l'aveva ottenuta da un tedesco in fuga in cambio della bicicletta di suo padre, che si era messo a piangere dal gran dispiacere. Nel frattempo uno dei cani gliel'aveva tirato sotto una macchina, mentre un altro, Rocky, era ancora vivo, monco di una gamba e orbo da un occhio, ma ancora in grado di mettere in fuga chiunque ringhiando cavernoso dal folto delle robinie che circondavano la tana di Mazzasette. E Lilly... ah, Lilly era la sua cocchina, la sua preferita, la sua piccola. Cresciuta , come lui, in mezzo alla strada. Dolce come il miele.
   Vide Rocky sbucare da sotto la tettoia col suo passo claudicante, le orecchie appiattite e la coda tra le gambe. Mazzasette ebbe un brutto presentimento quando il cane dette segno di volerlo condurre all'interno, dove stava la cuccia di Lilly.
   Quando vide quel che c'era da vedere, diventò bianco e le ginocchia gli cedettero.
   Per prime le mosche, perché faceva molto caldo, ed erano arrivate subito.
   Poi la merda dappertutto, e l'odore della paura.
   Poi il fagotto peloso che era stato il suo cane, aggrovigliato nel filo di ferro.
   Ebbe cuore di toccarla: era già rigida, e qualcuno le aveva strappato gli occhi".

 
Ombretta Bertini, L'estate di Altachiara, edizioni Il Molo
 

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